Aprile 27, 2025

Uno sporco lavoro

Quando mi hanno detto che la missione era solo per me, che non avrei potuto portare con me la mia squadra, ho capito immediatamente che c'era qualcosa di sporco in quella faccenda.

Giocherellando con la busta delle informazioni confidenziali che il gestore mi aveva passato, valutai per un istante l'idea di restituirla, senza nemmeno averla aperta.

"E' un'operazione da 5000 crediti. A testa."

Non era il prezzo che si dava a un'operazione pulita. Non era il genere di missione in cui avrei voluto coinvolgere un ragazzino idealista cresciuto troppo in fretta nel nostro mondo, una ballerina delicata e forte, o un saggio professore che era più un animale da biblioteca, che un vero esploratore.

Ma andare solo, quello era diverso.

Ho aperto la busta prima ancora che il rifiuto potesse formularsi sulle sue labbra.

I motivi per rifiutare c'erano, ma semplicemente, io sono uno che faccio le cose, e non il genere di persona che cerca sofismi per evitare l'azione, per nascondersi dietro le parole.

"Tre anomalie sono state rapite. Una è tornata indietro, e deve guidare una strada per recuperare i compagni. Il luogo della missione... è la Terra. Dobbiamo riportarle indietro, o, se fosse troppo tardi, far sì che della loro esistenza non resti traccia."

Per un attimo il sospetto che il rapimento fosse in realtà la scelta di alcuni uomini della Corporazione di prendere congedo prima del tempo, mi attraversò la mente. Ma la presenza di un superstite al rapimento, provava il contrario. In fin dei conti se c'era da uccidere un traditore, i colletti bianchi trovavano sempre a chi affidare il lavoro, anche se non era il genere di lavoro per la mia squadra, o per me quello.

Erano i mondi lontani a chiamarci, e invece adesso c'era questa missione di recupero sulla vecchia terra.

Siamo scesi nelle fogne, ed il fango e la melma ci hanno coperto sino al collo. Ero sempre il Capitano, ma stavolta non ero a capo della mia squadra, sopra di me c'era un Generale, ed io ero di nuovo un soldatino obbediente.

Non erano due prigionieri che stavamo cercando, era un Wormhole nascosto.

Ce ne sono alcuni, che la Corporazione non è riuscita a prendere sotto la sua egida. Ci sono leggende riguardo a una tribù di zingari che vive presso le foreste della Slovenia, di una caverna che proteggono fieramente, e degli indovini e di altri strani poteri che circolano nelle loro vene. Uomini che hanno negli occhi una strana saggezza e l'abilità della truffa nelle vene, con cui a volte facciamo affari. Ma nelle fogne di quella città, che non era la mia città, c'era un inferno sotterraneo.

E noi non eravamo stati inviati lì per trarre in salvo due prigionieri, ma per distruggere e radere al suolo.

Ricordo ancora le parole di quel sacerdote vestito di stracci, con il suo volto coperto di scaglie serpentine e dalle cicatrici che lui stesso si era inflitto, fosse sporche di sangue che già tornavano a chiudersi.

"Noi adoriamo il Grande Verme che scava tra i mondi, noi conosciamo la verità, e chi è stato illuminato dal potere dei mondi, ma non adora colui che li ha creati, è destinato a morire!"

Abbiamo distrutto ogni cosa. Loro avrebbero distrutto noi volentieri.

Ci hanno attaccato con i denti e le unghie, mentre noi eravamo armati di fucili ad alta precisione e armature pesanti. Avevano il fanatismo nello sguardo, ma erano uomini, donne, bambini.

Non so nemmeno perchè ho messo nero su bianco tutto questo.

Ricordo il cervello di una vecchia che mi colava sulle mie scarpe, mescolandosi al fango. Ricordo una bambina con non più di dodici anni che ha quasi strappato a morsi il braccio di uno dei miei temporanei compagni di squadra.

La guerra non mi stupisce. Sono stato in guerra. E' più strano quando quelli da uccidere sono quelli come noi, quelli che dovremmo chiamare fratelli.

Li abbiamo distrutti, abbiamo buttato giù il loro altare e i feticci.

Un nuovo Wormhole era nelle mani della Corporazione. Forse era questa l'unica cosa che importasse davvero.

Non lo so, perchè ho messo nero su bianco questo racconto.

Forse perchè so che ai miei uomini non posso raccontarlo.

Si tratta di informazioni sotto segreto in fin dei conti, ho un buon motivo per tenere la bocca chiusa.

Io faccio quello che deve essere fatto, e non sarà la storia del Wormhole nascosto e dei suoi poveri adoratori folli a far vacillare la mia essenza. Ma è ogni piccola goccia che riempie l'acqua del pozzo.

Ho bisogno di qualcosa di pulito, in un mondo lontano.

Ho bisogno di combattere contro leoni dalle ali di fuoco e altre chimere.

Ho bisogno della mia squadra.

Ma so che qualche altra missione da cento crediti, o duecento, o mille, busserà presto nuovamente alla mia porta.

E quando avrò davvero voglia di rifiutarne ora, che senso avrà rimanere ed essere quello che sono?

Io non sono uno che fugge, sono uno che fa le cose.

Ma a volte si fugge rifiutandosi di vedere quello che si ha intorno. E rimanendo esattamente nel posto dove si è sempre stati.

Autore: Giorgio Vizzini

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